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La città





Il nucleo di Porto Torres è situato sulla parte nord-occidentale delle coste sarde, all'interno del Golfo dell'Asinara in una posizione strategica considerando che è l'unico porto sardo collegato con la Spagna. Ha un territorio di 10200 ettari, metà dei quali sono costituiti dall'Isola Piana e dall'Asinara, che è sede dell'omonimo parco nazionale; la maggior parte del territorio non isolano è caratterizzato dalla seconda pianura sarda della Nurra, fatta eccezione di alcuni colli, il più alto dei quali è Monte Alvaro (342 m), che ospita una «cava a cielo aperto» dove si estrae il calcare.

Il territorio è attraversato da due fiumi: il primo è il Riu Mannu, che sfocia nelle zone del Ponte Romano ed il secondo è il Fiume Santo, che delimita i confini del comune a ponente. Nel suo territorio è presente lo stagno di Gennano, situato nella zona industriale di Porto Torres, la più ampia della Sardegna che ha una superficie di 23 km². Presenta una particolare costa: ad est si estende il litorale di Platamona, mentre lungo la città sono presenti molte scogliere di tufo con falesie superiori ai 30m, interrotte soltanto da graziose spiagge come «Balai», lo «Scogliolungo» e la «Renaredda». Il territorio comunale è delimitato a nord dal golfo dell'Asinara e per i restanti punti cardinali confina esclusivamente con Sassari.

Nel periodo romano iniziò l'ascesa turritana, con la fondazione, probabilmente da parte di Giulio Cesare Ottaviano (durante un suo soggiorno in Sardegna) o di Marco Lurio, nel 46 a.C. della colonia iulia Turris Libisonis (unica colonia nell'isola). Il nome della colonia compare per la prima volta nella Naturalis Historia di Plinio il vecchio. Importante fu per la città il rio Mannu, che era navigabile per alcuni chilometri; in un successivo momento si aprì il bacino portuale, situato nei pressi dell'odierno molo antico.

L'attività marinara-mercantile della colonia è fortemente documentata dal culto di Iside (protettrice dei marinai) la quale veniva festeggiata i primi giorni di marzo (navigium Isidis). Con questa celebrazione si apriva il periodo propizio alla navigazione, che si concludeva l'undici novembre.

La fede nel culto di Iside è testimoniata da vari monumenti riassumibili dall'ara di Bubastis, altare dedito a rituali e offerte. Grazie alla costruzione del Ponte Romano (il più grande e antico ponte romano dell'isola), nel I secolo d.C. si poté collegare la città direttamente con i vasti campi di frumento della Nurra. Turris Libisonis fu, se non il più importante scalo dell'isola, uno dei più importanti, con collegamenti diretti con Ostia (porto di Roma). Nell'isola la città era per importanza politica seconda solo a Karalis. Importante oltretutto lo sviluppo minerario: dalle vicine miniere venivano estratti argento e ferro. L'importanza della città e il suo legame con la capitale sono discernibili delle maestose terme, le domus dei mosaici, la cinta muraria ecc.

Vandali e Bizantini. Prima della caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.) la città di Turris (come tutta la Sardegna) fu conquistata dai Vandali (circa 455 d.C.). La dominazione durò per quasi un secolo, fino al 533. Sconfitti i Vandali, nell'isola e nella città si insediarono i Bizantini ed in quel periodo Turris era residenza di possessores e decuriones (esattori di tasse). Molto probabilmente in città era presente anche un curator urbis, un funzionario cittadino nominato dal vescovo. Costui ricopriva numerosi incarichi, tra i quali quello di amministrare la giustizia, del censimento, della registrazione dei contratti, degli ordinamenti di polizia. La sede vescovile risale a data incerta ed antica ma certo è che il vescovo di Turris era nobilitato da un certo prestigio e autonomia nei confronti del vescovo di Calaris. Questa indipendenza fu suggellata definitivamente da Papa Martino I nel 650. Il vescovo aveva inoltre compiti istituzionali, oltre a quelli religiosi: nominava i funzionari e organizzava i sistemi preventivi difensivi della città, giudicava i reati, ecc.

La minaccia dei Longobardi portò Turris a predisporre pesanti difese e ad ospitare contingenti militari. Per questo fu nominato un tribunus che aveva ai propri ordini uno dei corpi di fanteria di cui si componeva l'esercito sardo-bizantino. Nel frattempo però, il controllo longobardo del Tirreno soffocò il commercio turritano.

Dopo l'interruzione dei contatti con Costantinopoli (capitale dell'impero bizantino), nel corso dei secoli IX e X vennero a formarsi i quattro Giudicati sardi, tra cui il Giudicato di Torres-Logudoro, con capitale Torres (non più Turris, vista la lenta ma progressiva scomparsa del latino in favore della lingua locale). Torres era ancora il secondo centro dell'isola, politicamente, religiosamente e per dimensioni demografiche. Il giudicato si estendeva dal lago Coghinas alle coste occidentali e dal golfo dell'Asinara alla catena del Goceano. L'economia era mossa dall'importante e strategica posizione della capitale, collegata marittimamente a Genova e facilmente raggiungibile da Pisa, proprio per questo motivo i mercanti di entrambe le repubbliche marinare erano molto presenti in città. Intorno al 1065 fu edificata la Basilica di San Gavino: cattedrale fino al 1441, il monumento in stile romanico più grande e antico dell'isola, essa venne edificata su iniziativa del Giudice Gomita.

Già nel periodo giudicale Torres cadde in un oblio dal quale non riuscì più ad emergere: da capitale del regno e sede arcivescovile divenne pressoché disabitata. (Sassari infatti era riuscita ad ottenere un accordo con i genovesi, secondo il quale si vietava l'apertura di locali commerciali, perché si temeva l'eventuale ribalta turritana a sfavore della stessa Sassari). Per prevenire possibili rivendicazioni Genovesi e pisane, gli aragonesi, per i quali il porto di Torres era di notevole importanza, dopo un concordato con l'ormai più florida Sassari sbarcarono nel porto 300 cavalieri e 500 soldati. Ma con la conquista aragonese, la città entrò nella fase finale: non esisteva più un vero centro abitato e solo un rude porto testimoniava le glorie del passato. Ad infierire su Torres fu anche lo spostamento dei traffici marittimi, in favore di Cagliari ed Alghero. La città subi il colpo di grazia col trasferimento definitivo del vescovado a Sassari.

Con l'arrivo dei Savoia si promossero nel borgo importanti opere ed interventi, per migliorare la disastrosa situazione portuale. Il re Carlo Felice favorì anche la costruzione di edifici amministrativi. Durante la sua prima visita nella cittadina, salassata e ammorbata dalle tasse e dalla prevaricazione sassaresi, i cittadini tentarono di convincere il re a concedere l'autonomia da Sassari, senza risultato. Ma alla sua seconda visita nella città gli abitanti riuscirono a persuadere il re e nel 1842 nacque il comune di Porto Torres. All'epoca i centri abitati erano due: il più grande era abbarbicato sul colle Angellu, tutt'intorno alla Basilica di San Gavino, l'altro invece era la borgata portuale. Quest'ultima aveva avuto la costruzione, nel 1826, della Chiesa della Consolata, consacrata il 30 dicembre 1827 dall'arcivescovo Carlo Tommaso Aronosio. Con l'espansione urbanistica, in poco tempo le due borgate si unirono dando vita a Porto Torres.

Nella prima metà del XX sec. l'economia Turritana era la somma di pesca e agricoltura, alle quali stava per aggiungersi anche l'esportazione di minerali provenienti dal circondario (come in epoca romana). La miniera di Canaglia venne allacciata alla cittadina mediante una rete ferroviaria a scartamento ridotto, che terminava presso l'antica città romana di Turris Libissonis. Li esisteva una sede distaccata della Società Siderurgia Mineraria Ferromin, che gestiva la miniera. Di quel periodo sono ancora visibili due torri per lo stoccaggio dei minerali ferrosi, i quali venivano, mediante una teleferica, recati in porto (Banchina della Teleferica), dove venivano imbarcati per il continente.

Nel 1962 Porto Torres fu centro di un'iniziativa di industrializzazione, divenendo sede della SIR che vi si stabili con impianti petrolchimici. Questo boom industriale segnò profondamente la città: tra il 1961 e il 1971 la popolazione aumentò di circa 4000 abitanti. Nel periodo successivo la SIR fallì e l'azienda venne rilevata dall'Eni che continuò l'attività del petrolchimico e negli anni 90' e all'inizio degli anni 2000 ci fu un conseguente sviluppo economico per il Porto e anche per tutta la città. Nel 2010, causa la crisi economica, l'impianto petrolchimico dovette chiudere lasciando in cassa integrazione centinaia di lavoratori che eseguirono diverse manifestazioni. Attualmente, Matrica, una divisione aziendale dell'Eni e della Novamont sta costruendo, nella zona dell'ex petrolchimico, una fabbrica sulla Chimica verde, che dovrebbe assumere la maggior parte dei lavoratori dell'ex petrolchimico.

Nel 1998 si procedette all'eliminazione del carcere di massima sicurezza e alla fondazione del Parco Nazionale dell'Asinara.




  Michiel1972, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons - Testi WIKIPEDIA




 

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